Altafini: “Chi scelgo tra Messi e Maradona? Non ci sono paragoni…”

El futbol sudamericano è l’emblema del calcio secondo l’ex Campione del Mondo e racconta il suo punto di vista riguardo lo sport che ama.

José Altafini, ex fuoriclasse del calcio italiano e internazionale, ha raccontato la sua seconda vita professionale ai microfoni de Il Tirreno, condividendo dettagli preziosi sui passaggi chiave che hanno segnato il suo percorso dalla carriera calcistica a quella televisiva. Altafini, noto per la sua personalità magnetica e il suo carisma, riconosce con gratitudine l’influenza di Luigi Colombo, figura cardine della televisione italiana: “Devo tutto a Luigi Colombo,” ha spiegato, ricordando come il collega abbia creato la prima telecronaca a due voci nella storia della televisione italiana su Tmc nel 1981.

Raccontando la sua evoluzione come commentatore sportivo, Altafini ha dichiarato di essersi ispirato a due stili differenti: da una parte, il giornalismo ironico di Beppe Viola, che descrive come “il più arguto e brillante che abbia mai conosciuto,” dall’altra, la verve e la passione tipiche dei radiocronisti sudamericani. “Volevo catturare l’attenzione usando il mio accento brasiliano e la simpatia che avevo coltivato negli anni passati tra scherzi e risate nello spogliatoio,” ha rivelato, tracciando un’immagine di sé come figura capace di unire la cultura calcistica europea e sudamericana.

Nonostante la sua carriera in telecronaca, Altafini ha confessato che ormai il calcio in televisione non lo entusiasma più come un tempo. Il motivo? Uno stile di gioco che definisce “troppo statico e ripetitivo.” “Ormai non vado più allo stadio; le partite in tv spesso sono noiosissime,” ha dichiarato. Il commento suona come una critica precisa verso l’approccio tattico moderno, in particolare verso il tanto discusso tiki-taka e la “costruzione dal basso,” due modalità di gioco che non gli trasmettono l’emozione che un tempo era l’anima del calcio. “Il tiki-taka con migliaia di passaggi mi fa venire il latte alle ginocchia,” ha confessato, ironizzando su uno stile che, secondo lui, impoverisce il gioco offensivo, riducendo le possibilità di gol. “Con quelle difese avrei segnato molto di più dei miei 300 gol,” ha concluso, lanciando una provocazione che sembra voler risvegliare un’idea di calcio più spontanea e meno calcolata.

Ma per Altafini, il fascino del calcio rimane legato ai suoi miti. Il brasiliano non ha mai nascosto il suo rispetto per le leggende del passato e, inevitabilmente, si è espresso sul grande dibattito che divide appassionati e tifosi di tutto il mondo: chi è il calciatore più forte di sempre? La sua risposta è netta: Pelé. Nonostante l’eterno confronto tra due icone argentine come Maradona e Messi, Altafini non ha dubbi e considera il tre volte campione del mondo come “unico e inarrivabile.” Il fuoriclasse brasiliano, ha spiegato, “sapeva fare tutto a una velocità straordinaria” e possedeva una tecnica di gioco senza pari, tanto da saper saltare con entrambi i piedi, una dote rara anche tra i professionisti di oggi. “A 17 anni, durante il mondiale in Svezia, ho visto cose che non ho mai più visto in nessun altro,” ha ricordato Altafini, che ha potuto ammirare Pelé agli albori della sua carriera, osservando un talento che definisce “di un altro pianeta.”

Il racconto di Altafini non è solo un omaggio alla sua passione per il calcio e per le sue leggende, ma una riflessione che accende i riflettori su come il calcio, da sempre, sia anche un affare di cuore.

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